lunedì 16 agosto 2010

Divag/azioni. Fissare la pagina bianca

Momento massimo di ebbrezza e panico, di vertigine e sconforto, guardare intensamente negli occhi la pagina bianca corrisponde a una pratica largamente condivisa da chi, nella scrittura, si sia avventurato almeno una volta in territori al di là della mera compilazione della lista della spesa. Esperienza quest'ultima di grande genio compositivo torrenziale in cui lo slancio d'inchiostro si rivela però irreversibilmente inefficace: ogni lista della spesa che si rispetti, infatti, deve essere rigorosamente dimenticata a casa, proprio in quel punto in cui l'abbiamo scritta, proprio in quel punto che limpidamente ci ritorna in mente, come una foto, tra uno scaffale e l'altro del supermercato.Onno! Imprecazioni in offerta tre per due. Eppure la dimenticanza è necessaria affinché la lista funzioni, viceversa il fallimento è garantito con la lista in tasca. È un po' un fatto scaramantico, andrebbe approfondito. Altrove.
Tornando invece al tête-á-tête col bianco immenso della pagina, possiamo uscire allo scoperto accantonando qualsiasi sentimento di vergogna immotivata: dalle tavolette di terracotta dello scriba assiro alle tavolette i-Pad del babilonese, passando per rotoli e rotoli di pergamene e carte e cartacce, nessun umano si è potuto sottrarre al pensoso grattamento di mento. Che fare?
Non ultima la comunicazione per essemmesse in cui si deve calibrare sintesi ed efficacia per non sforare oltre i caratteri consentiti (che carattere!) arrampicandosi, dunque, in formidabili composizioni e in ancor più favolose risposte a messaggi improbabili. Il nulla spesso è la soluzione. Fingete di aver cambiato numero e passa la paura.
Qualcuno ha detto che questa generazione non pratica sufficientemente la scrittura. Al massimo questa generazione nella scrittura non arriva al sei della sufficienza, ma vedo nei gesti correnti un gran ritorno alle lettere. Non più classiche ma informatizzate, ma pur sempre lettere. Per informazioni chiedere a quello tra geroglifici e Apple.
Ad ogni modo, non è il caso di fare drammi se ci si ritrova affetti da biancopaginismo cronico. La cura, secondo gli esperti (?) sta dall'acchiappare per il bavero l'idea che si ha in mente, aggredirla da qualche parte, srotolarla in maniera scrosciante e viscerale senza buone maniere e svilupparla progressivamente andando avanti nella scrittura.
Quando componevamo i temi ( perchè nel 1901 si componeva) era fantastico comporre la bella e la brutta (quest'ultima molte volte coincideva con la compagna di banco). Era l'era del carta penna e calamaio.
In questo momento invece sto scrivendo al computer e ho la possibilità di cancellare le parole che non mi piacciono, modificare la frase velocemente, ma mi accorgo che gioco sempre in un solo campo. Non ci sono più le righe punk della brutta dove potevamo fare un po' come cazzo ci pare e quelle bon ton della bella versione Carla Bruni. Il computer permette un'altra dimensione percettiva dove tutto è insieme bella e brutta, bellissima e bruttissima senza confini. Un po' come certe pop star fichissime nei video e poi terribili senza trucco in tuta per strada col bicchierozzo di caffè americano in mano.
Le parole sono sicuramente condizionate dalle nuove modalità dei supporti. Non ti supporto più davvero.
Tuttavia, ciò che veramente mi manca dell'epoca in cui avevo un banco tutto mio è l'odore quotidiano dell'inchiostro con mani sporche di penna e callo dello scrivano (come diceva mio nonno) al seguito.
Ora non voglio piangere sull'inchiostro versato e dire che la tecnologia è malvagia. Assolutamente no. Penso solo che, come in arte le modalità espressive abbiano subito delle modifiche anche stilistiche con l'introduzione di nuovi linguaggi (foto, video, istallazioni) così anche la scrittura strutturalmente tende a cambiare se cambiano i supporti.
Potremmo scrivere tomi sull'argomento. Altrove.
Ma allora come si fa per smettere di vedere passare sul proprio schermo i cespugli di sterpaglie che rotolano nel west?
O si spegne saggiamente in computer o ci si lancia senza remore in un flusso di incoscienza: si sviscerano concetti in libertà e si torna dopo a rendere il torrente caotico vagamente comprensibile modificandone la forma.
Per intenderci: un flusso di incoscienza come questo.

1 commento:

Eduardo De Cunto ha detto...

wè, 'sabbè, sono il tuo primo commendatore! Un grande colpo per i colori italiani!
ti auguro un grande successo per questa tua attività aziendale testè intrapresa, e prenoto per me due mozzarelle di bufala e una burrata.
mi congedo con, questa sì, the original vabbuò cià